giovedì 27 dicembre 2012

Come scegliere chi governa

Finanza, tecnici e politica costituiscono un solido legame in grado di trasformare i territori. La salute di una città può essere garantita solo se queste tre figure collaborano a partire da posizioni differenti, se agli architetti è data la possibilità di proporre le nuove forme dell'abitare e del costruire a partire dalle trasformazioni sociali in atto, se i finanzieri agiscono non nell'ottica del profitto immediato e i politici operano con capacità di organizzazione, di indirizzo e di progetto. Oggi non ci sono queste condizioni, la finanza domina, ricatta la politica e sottomette i tecnici. Si è costruito molto e si rischia di vedere costruire ancora molto, opere inutili, distruttive, finalizzate al profitto immediato che lascia solo macerie.
La società, a livello globale, si sta rendendo conto che questo legame perverso sta compromettendo le condizioni di vita per la specie umana sulla Terra. Oggi si pone un vero problema di sopravvivenza, il riscaldamento globale è una realtà scientifica universalmente accertata che causa la trasformazione dei territori abitati e compromette la fertilità dei suoli. Bisogna iniziare a governare questa grande trasformazione perché non diventi una catastrofe. Ma il lato politico della nostra società non è in grado di farlo per evidenti carenze intellettuali prima ancora che per cause ideologiche. La selezione della classe politica è avvertita come un problema, ma abbiamo gli strumenti democratici per intervenire indicando chi si è dimostrato capace?

Purtroppo l'unico strumento in questo momento sono le Primarie di PD e Sel per la scelta dei futuri parlamentari, ma è un'arma spuntata, le liste dei candidati escono dai partiti e individuare persone capaci è un vero problema. Il posto da parlamentare è ambito e molte persone prive di dignità sono pronte ad usare qualsiasi arma pur di raggiungere l'ambìto posto nella casta.

Non tutti sono così, occorre cercare e individuare chi ha le capacità per guidare il paese fuori da questa economia fossile, in tutti i sensi. Per queste ragioni ho deciso di schierarmi a sostegno di una giovane candidata alle primarie di Sinistra Ecologia e Libertà in Friuli Venezia Giulia, Fernanda Marchiol.



Occorre stabilire un nuovo patto tra ambiente e lavoro. Non possiamo accettare fabbriche che seminano malattie sotto il ricatto della mera sopravvivenza. Con una fabbrica inquinante i guadagi vanno nelle tasche di pochi e le spese sono a carico di chi ci lavora e chi abita intorno.
La politica deve lavorare per un cambio culturale che torni a mettere al centro la qualità della vita.
Abbiamo bisogno di ricostruire scuola e università, non come corsi professionalizzanti ma come luoghi di conoscenza, di elaborazione e invenzione dei modi di vivere in relazione con il nostro pianeta.
Dobbiamo difendere i territori dalla devastazione delle lobby del cemento, un altro candidato di Sel si sta molto impegnando sulla conservazione degli ultimi brandelli di spazi naturali nelle valli del Natisone, si chiama Fabrizio Dorbolò e a lui darò la mia seconda preferenza.


sabato 23 giugno 2012

T House

T House è un sistema modulare componibile per costruire rapidamente senza bisogno di fondazioni, appoggiandosi semplicemente al terreno. T House è molto di più di un prefabbricato, o di un container, l'obiettivo è quello di dare il massimo di comfort occupando il minimo di terreno.Il sistema T House può risolvere il recupero di aree dismesse per riqualificare parti di città degradata o priva di servizi, gli interni sono adattabili a qualsiasi necessità, residenza, lavoro, uffici, ambulatori, servizi, commercio.

lunedì 26 settembre 2011

L'Agrivillaggio® di Giovanni Leoni a Parma

Si tratta di un progetto di Giovanni Leoni, agricoltore di Parma, consiste nella costruzione di una comunità residenziale (60 unità residenziali per circa 200 abitanti) collegata ad una azienda agricola di 50 ettari, situati nella località Vicofertile del Comune di Parma, in modo che, da un riordino funzionale dell'azienda, sia possibile provvedere al sostentamento alimentare, energetico e sociale degli abitanti.

L'Agrivillaggio parte dalla consapevolezza del limite, cioè che le risorse naturali non sono infinite e che usandole in modo insostenibile le stiamo portando rapidamente all'esaurimento. Si differenzia da qualsiasi progetto di ecovillaggio realizzato, infatti mentre gli ecovillaggi concentrano l'attenzione sulla socialità e la salute della casa, l'Agrivillaggio parte dall'alimentazione, cioè sul come alimentare il metabolismo interno degli esseri umani, quindi il cibo, e su come alimentare il metabolismo esterno, quello degli stili di vita dipendenti dalla tecnologia più o meno energivora.

L'alimento è il vero e proprio centro del progetto, in modo che produzione, consumo, decomposizione e ricircolo tornino a costituire i legami inscindibili dell'anello vitale. Si consuma ciò che l'azienda produce e si smaltisce ciò che l'azienda può decomporre e rimettere in circolo. È il primo tentativo concreto di chiudere i cerchi metabolici lasciati aperti dalla vecchia concezione industriale della crescita lineare, non più la linearità di produzione industriale – consumo – discarica ma la circolarità dei sistemi metabolici naturali in cui lo scarto di una specie è cibo per un'altra specie.

Per essere più chiari, e sottolineare il cambio di paradigma necessario, bisogna guardare i rifiuti dal lato delle risorse che contengono e dunque smetterla di parlare di smaltimento e parlare solo ed esclusivamente di riciclo. La campagna è uno dei luoghi dove si può attuare il riciclo, non nel senso del film Gomorra, ma nel senso della chiusura dei cicli. Se cominciassimo a chiamare il nostro modello di vita invece che società dei consumi società dei rifiuti, ci apparirebbe più chiaramente l'ordine di priorità che ci troviamo ad affrontare. Quando si parla di zero emissioni si intende proprio concentrare l'azione sull'eliminazione di qualsiasi tipo di rifiuto.

Dice Leoni: “L’uomo consuma in nove mesi quello che la natura produce in dodici, accumulando ogni anno un debito spaventoso col Pianeta. Il paradosso è che una grossa percentuale delle risorse finisce inutilizzata nelle discariche. Non sfruttare più risorse di quelle che la natura produce ed eliminare gli sprechi sono le nuove sfide che dovrebbero coinvolgere ognuno di noi. Se si produce una mela, che si cominci a mangiare quella! Sarebbe già un bel traguardo”. È qui che troviamo un'altra parola chiave del progetto, l’autosostentamento, che non significa chiudersi dal rapporto con l'esterno ma puntare ad una organizzazione territoriale a rete in cui ciascun nodo è autosufficiente per buona parte delle proprie necessità e legato alle produzioni degli altri nodi per una parte minore. La forza degli agrivillaggi è proprio nell'organizzazione a rete, cooperativistica, per cui eventi straordinari, quali le calamità naturali, che dovessero colpire un nodo potranno essere superati grazie al contributo degli altri nodi. La previsione è di raggiungere l'autoproduzione di almeno il 70% dei prodotti freschi e il 100% dell'energia necessaria, stabilendo un vero sistema a chilometri zero in cui non necessariamente ciascun abitante sarà chiamato a coltivare il suo orto. Produttore e consumatore condividendo lo stesso luogo saranno artefici di un patto per la terra, incentrato sull'uso riproduttivo delle risorse e non sul loro consumo distruttivo.



venerdì 27 maggio 2011

Patagonia senza dighe


Nella regione dell’Aysén, all'estremo sud della Patagonia cilena, è in corso un insensato progetto affaristico delle multinazionali dell'energia idroelettrica con alla testa l'italiana Enel. La regione è abitata da solo 100.000 persone di cui la metà a Coyhaique la capitale. È proprio la scarsità di abitanti che consente alle grandi imprese internazionali di agire indisturbate. Grazie al vescovo di origini friulane Luis Infanti de la Mora si è venuto a sapere dei progetti di espropriazione in atto dell'acqua bene comune. Come spiega de la Mora l’acqua è diventata lo strumento e il segno di nuova colonizzazione. Egli afferma:”La privatizzazione idrica discende da una politica neo-liberale estrema, una politica che la dittatura di Pinochet ha implementato, giustificandola nella Costituzione. I governi successivi, di centrosinistra, non hanno fatto che continuare a vendere le risorse del Paese. A Pascua Lama, nel Nord del Cile, una multinazionale canadese vuole addirittura spostare un ghiacciaio per prelevare l’oro sottostante… Il mercato non sopporta alcun limite.”

Il progetto avviato da Endesa, oggi proprietà dell'Enel, chiamato Hydoaysen prevede la costruzione di cinque dighe per produrre energia elettrica da trasportare al nord con un elettrodotto di oltre 2.200 km. Giusto per rendersi conto della distanza è come se una centrale nei pressi di Reggio Calabria trasportasse la sua energia a Parigi, vi sembra abbia un qualche senso tutto questo?

Lo scorso 21 maggio a Valparaiso c'è stata una grande protesta in occasione della visita del presidente cileno Sebastian Pinera repressa dalla polizia. Come uno stucchevole ritornello, ascoltato da ogni leader o capo dello stato asservito agli interessi delle grandi compagnie private, anche il presidente cileno ha ripetuto che quelle dighe sono necessarie per produrre l'energia di cui il Cile ha bisogno, non ha detto che l'energia non sarà gratis ma i cileni dovranno comprarla al prezzo che Enel-Endesa deciderà, e che i profitti andranno da tutt'altra parte.

Da un punto di vista territoriale il progetto trasformerà radicalmente l'ambiente, il clima, le condizioni di vita delle popolazioni e il loro libero accesso all'acqua. Dalle dighe partiranno degli elettrodotti con tralicci alti settanta metri per la cui costruzione si dovranno disboscare ettari di foresta e di zone selvagge. Non è accettabile che in nome dello sviluppo (ma quale sviluppo?) si continui a portare distruzione e oppressione a livello locale concentrando la ricchezza dei profitti in poche mani globali.

Ma è un progetto che nasce vecchio, non c'è alcun bisogno di grandi concentrazioni di energia, ogni territorio deve essere autonomo e produrre in modo diffuso l'energia di cui ha bisogno, questo tipo di opere fatte oggi ha un nome, rapina a mano armata.

Per restare informati http://patagoniasenzadighe.org/

martedì 17 maggio 2011

Amburgo: Komm in die Gänge

Nell'agosto del 2009 circa 200 tra artisti, studenti, grafici, precari vari e persone che vivono con il sussidio di disoccupazione, hanno dato vita ad una riuscita occupazione di case vuote nel quartiere storico Gängeviertel di Amburgo. A differenza di altre iniziative del passato, un capillare lavoro di sensibilizzazione della città è riuscito a creare una rete di sostegno all'iniziativa che coinvolge anche alcuni settori conservatori della città.
Con lo slogan “Komm in die Gänge”, vieni nel Gänge, stanno costruendo uno spazio libero dedicato all'arte, agli incontri, alle feste. Per rendere abitabili le case disabitate da anni, e già nell'occhio della speculazione edilizia, hanno iniziato a restaurarle, grazie ad una organizzazione autonoma e partecipativa. La forma organizzativa "dal basso" e il sostegno della città alle iniziative culturali promosse, ha costretto i politici a scendere a trattative. Il comune di Amburgo, pur avendo abbandonato l'idea di venedere ad uno speculatore immobiliare olandese, vorrebbe gestire direttamente la ristrutturazione dell'area favorendo gli investitori privati. Ma gli occupanti non si sono accontentati di resistere nell'occupazione, hanno avanzato una proposta concreta di autogestione del quartiere attraverso una forma cooperativa.

L'interesse di questa iniziativa è quello di unire il riuso di una parte di notevole interesse storico della città, con la richiesta di spazi di vita, di lavoro e di comunicazionne a prezzi accessibili. L'esperienza di Komm in die Gänge pone, in modo evidente, la quastione della gestione autonoma di un quartiere in cui la "generazione precaria" possa trovare una casa e in cui lo spazio pubblico possa essere utilizzato per la crescita culturale e sociale della città.


martedì 26 aprile 2011

Non fù nucleare ma il perfido tsunami!

Oggi a Villa Madama a Roma, durante la conferenza stampa del dopo vertice bilaterale, Sarkozy, oscurato dal rutilante Berlusconi, che giocava in casa, ha detto una frase che sarebbe potuta passare alla storia: la centrale di Fukushima era perfettamente antisismica ma è stata colpita dallo tsunami, dunque ciò che è successo non è un disastro nucleare ma un semplice tsunami. Detto questo anche i tonni del pacifico possono nuotare sicuri.
Guardando e ascoltando i due "statisti" quello che preoccupa maggiormente non è l'ipotesi di un disastro nucleare casuale, guidato dal destino, ma che il controllo sulle centrali ce l'abbiano loro.

mercoledì 13 aprile 2011

Saluti dall'Adriatico

Foto montaggio con il rigassificatore off shore E-On dalla spiaggia di Grado

Il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi intervenendo all'innaugurazione del rigassificatore di Rovigo ha sostenuto che l'Italia è tributaria di energia verso l'estero e deve perciò diversificare gli approvvigionamenti per evitare interruzioni delle forniture, come quelle che si sono verificate nel recente passato sul gasdotto proveniente dalla Siberia attraverso l'Ucraina. Questo rigassificatore venderà una quantità di gas pari al 10% della domanda nazionale.

Il nuovo impianto non è un'iniziativa pubblica, si tratta di un'iniziativa privata costruita sul Mare Nostrum, il più grande spazio pubblico del pianeta.

L'alto Adriatico si presta alla realizzazione di rigassificatori dati i bassi fondali e la facilità di collegamento alla rete europea dei gasdotti. Dopo l'iniziativa di Edison, Qatar Petroleoum ed Exxon mobil che hanno realizzato l'imponente struttura di Porto Levante vicino Rovigo, sono in previsione altri due impianti nel golfo di Trieste, uno in terra ferma nell'area ex Esso della spagnola Gas Natural e l'altro off shore sulla linea di profondità dei 20 m. al largo tra Grado e Monfalcone della tedesca E-On. I due rigassificatori saranno collegati con un unico gasdotto ad opera della Snam che attraverserà l'intero golfo di Trieste per “emergere” in località Fossalon di Grado e contribuire così all'abbellimento peasaggistico.

Ma i conti non tornano, stando così le cose in poco tempo avremo un aumento della disponibilità di metano del 30%!

  1. Rovigo Terminale GNL Adriatico 8 mld di metri cubi di gas l'anno (10% dell'attuale fabbisogno) - attivo
  2. Golfo di Trieste progetto E-On 8 mld di metri cubi di gas l'anno (10% dell'attuale fabbisogno) - progetto
  3. Trieste Zaule Gas Natural 8 mld di metri cubi di gas l'anno (10% dell'attuale fabbisogno) - progetto

Totale 24 mld di metri cubi di gas.

Stando ai dati forniti sul suo sito da E-On una nave metaniera di medie dimensioni da 138.000 mc fornisce il fabbisogno annuale di una cittadina di 56.000 abitanti, con un rapido calcolo il totale di metano che arriverà in alto adriatico fornirà il fabbisogno di quasi 10 mld di persone, quasi 1,5 volte la popolazione del pianeta.

Se è vero che per il 2020 l'Italia deve calare del 20% le emissioni di CO2 la domanda di metano dovrebbe calare. Dunque aumenta l'offerta, cala la domanda, i prezzi del metano dovrebbero crollare mettendo fuori mercato il GNL che ha costi di produzione molto più alti. E allora dove sta il business?

In verità tutta l'operazione rigassificatori si gioca su due piani, quello finanziario che si occupa di scommettere sui consumi e poco si occupa dei consumi reali, e quello della supremazia in Europa, che vede l'Italia, in posizione dominante grazie ai gasdotti provenienti da Russia e Nord Africa, sotto l'attacco delle multinazionali straniere.

In tutto questo chi ci rimette è tutta la popolazione che vede nell'uso sostenibile del mare una fonte di vita, di piacere, di libertà. Ciascuno di noi, che ama fare il bagno in mare, pescare, mangiare il pesce si ritroverà con l'acqua clorata per preservare le strutture sommerse del rigassificatore e molto più fredda mediamente almeno 5°C in meno. Sul piano estetico non ne parliamo nenache perchè di tutte le architetture industriali non ce n'è una più brutta.